Il lavoro delle mafie

I guai per Ludovico Pasqual, piccolo artigiano edile, iniziano quando accetta la proposta di Antonio Pacifico, sodale di Luciano Donadio. Pasqual deve eseguire dei lavori entro una decina di giorni e Pacifico gli offre manodopera in nero da pagare in contanti. Un accordo di somministrazione di manodopera: gli operai vengono gestiti dal Pacifico e pagati dal Pasqual che però non riesce a saldare subito le maestranze.

Ricorrerà a Pacifico almeno un’altra volta e poi pure Francesco Verde, pure lui indicato dagli inquirenti come parte dell’associazione mafiosa, offrirà la sua squadra di operai per un altro lavoro. All’offerta di manodopera si aggiunge la fornitura di materiali e poi il prestito di denaro nel momento in cui Pasqual non è in grado di onorare i debiti. L’artigiano si troverà nelle condizioni di dover accettare la manodopera offerta dai due anche quando non è per nulla soddisfatto della qualità del lavoro svolto. Il tutto in evidente accordo, da quanto si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, con lo stesso Donadio e con l’architetto Paolo Milan di Jesolo.

L’intermediazione di manodopera è uno dei tanti business intrapresi dall’organizzazione che fa capo a Donadio. In alcuni casi si tratta di un balletto di operai che passano da una società all’altra in seguito a fallimenti pilotati e bancarotte. “Bisogna licenziare tutti gli operai della Grazioso e mandarli alla Puolifin” raccomanda Christian Sgnaolin al fidato  commercialista Giuseppe Puoti. L’obiettivo è quello di riscuotere i benefici previdenziali per i lavoratori in mobilità. I conti sono presto fatti e li snocciala Giuseppe Puglisi a Donadio e a Sgnaolin : “in mobilità costano dai 6 ai 700 euro al mese….con la cassa edile e tutto…E, invece…normale costano dai 1100 ai 1300”. Gli operai vengono così fatti ruotare da una società all’altra, in perenne mobilità, “5 giorni li teniamo assunti con Enjoy. Cinque giorni e basta. E rimangono assunti con la Poulifin, un mese e due e basta  […] e li riassumiamo un’altra volta con la Enjoy un’altra volta in mobilità. Dimmi se non una cosa fatta con i controcoglioni!” esulta Donadio.

Il protagonismo delle mafie nella fornitura di manodopera non è una novità in Veneto: lo desumiamo anche dall’inchiesta Porto Franco, della procura di Reggio Calabria, sulle cooperative che facevano capo alla cosca Pesce attive anche a Verona. O nell’attività della famiglia Giardino sempre nell’area scaligera o, riandando indietro negli anni, emerge da un’altra importante inchiesta giudiziaria intrapresa nell’alto trevigiano: Angelo Pittaresi, legato a Cosa Nostra, avviò una grossa attività di intermediazione di manodopera fiutando la richiesta da parte delle imprese di manodopera a intermittenza.

Una testimonianza inquietante l’ha offerta cinque anni fa l’allora procuratore capo di Verona, Guido Papalia:  «A Verona esiste un forte bisogno di manodopera che viene soddisfatto da organizzazioni criminali. Esse creano imprese e cooperative che lavorano in subappalto o forniscono lavoro nero». Ovviamente non sono solo le mafie a trattare la manodopera come merce senza diritti.

Non è forse un caso che Giorgio Minella, imprenditore edile di Galzignano in provincia di Padova finito coinvolto nell’inchiesta accusato di estorsione e rapina, impiegasse negli anni scorsi, manodopera importata dalla Polonia. Con contratti polacchi, ça va sans dire. In un contesto in cui la privazione di diritti del lavoro è la normalità, chi la pratica in termini mafiosi passa quasi inosservato.

Per le mafie in particolare la documentata propensione per la gestione del mercato del lavoro deriva anche dalle sue ripercussioni in termini di consenso nella società locale, vere masse di manovra da mettere in campo nel momento opportuno. Ricordiamo che l’imprenditore residente a Caorle Claudio Casella, in frequente contatto con Luciano Donadio, come desumiamo anche dalle carte dell’inchiesta, riuscirà a mettere ad iscrivere alle liste elettorali sessanta cittadini di nazionalità rumena alle elezioni del  2016, quando verrà rieletto il sindaco Luciano Striulli e Casella vide la nomina di due assessori a lui vicini.

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