Il sistema Fincantieri

“Non disturbare chi vuole fare, chi vuole produrre ricchezza, chi vuole lavorare”: chissà se la Presidente del Consiglio pronunciando questi intenti programmatici aveva in mente i dirigenti della Fincantieri alla sbarra in un processo in corso a Venezia in quanto imputati di sfruttamento dei lavoratori (art. 603bis) e di corruzione tra privati.

Senz’altro “disturbati” nelle loro mansioni quotidiane dal dover difendersi in un processo, i dirigenti Fincantieri sono accusati di aver messo in piedi un vero e proprio “metodo” in cui venivano imposti alle ditte subappaltatrici prezzi troppo bassi per poter realizzare i lavori previsti se non a costo di una pesante compressione dei diritti dei lavoratori. Il processo nasce da un esposto che la Fiom – Cgil depositò in Procura nell’ottobre del 2018 da cui emergerebbe una sistematico ricorso alle ditte esterne per la maggior parte delle lavorazioni.

Parliamo di “migliaia di lavoratori collocati in microimprese, impermeabili al sindacato per i sistemi retributivi applicati, per la dimensione occupazionale, ma soprattutto per la precarietà e la ricattabilità dovuta ai rapporti di lavoro illeciti imposti dal sistema Fincantieri”. L’esposto della Fiom andrebbe studiato nei corsi universitari di economia aziendale: descrive con precisione le trasformazioni di un “soggetto industriale che produce navi in società che finanzia e commercializza prodotti, le navi, costruiti e forniti da terzi”. Un “sistema”, quello Fincantieri, che godeva di un contributo decisivo da parte del consulente del lavoro Angelo Di Corrado – già all’opera in favore del gruppo camorrista del litorale veneziano capeggiato da Luciano Donadio – incaricato di confezionare le modalità retributive che formalizzano le inammissibili condizioni lavorative.

Non a caso un passaggio dell’esposto recita: “il sindacato ha sempre denunciato il rischio di infiltrazioni malavitose nel sistema degli appalti Fincantieri poco trasparente e fondato sul massimo ribasso”. Allargando lo sguardo possiamo segnalare come il sistema dei subappalti sistematici e delle relazioni a rete possano essere innervate da pratiche criminali: è la “fuga dalle regole” di cui parlava il compianto analista Ivan Cicconi denunciando la tendenza esasperata di parte del mondo imprenditoriale ad alleggerirsi di responsabilità ed obblighi propri della fase fordista del capitalismo.

Una “fuga dalle regole” che può incontrare i “servizi” delle mafie. Accade infatti, come scrive l’attuale procuratore nazionale antimafia, che “l’impresa assume come cardine manageriale il ricorso alle opportunità offerte dalle reti criminali” partendo dall’assunto che “in definitiva, l’economia criminale non si contrappone al mercato, ma ne conosce bene le regole e cerca di usarle ai propri fini”. Il sindacato e i lavoratori possono, come nel caso Fincantieri, ostacolare questa “fuga dalle regole” con una pratica che è anche antimafia.

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