E la droga che c’entra? Bene che il Tar abbia sospeso l’ordinanza del sindaco di Padova che imponeva la chiusura alle 14 di una piadineria (vende anche kebab) di piazza delle Erbe dopo la rissa (vedi qui) avvenuta una ventina di giorni fa presumibilmente per motivi legati alla spaccio di sostanze stupefacenti.
Che il traffico di sostanze illegali si avvalga del sostegno del commercio legale – negozi e bar – è cosa risaputa. Alcune recenti operazioni di polizia nel veneziano hanno riguardato negozi che fungevano da magazzini per le partite di stupefacenti. Da sempre diversi locali, con la complicità, più o meno silenziosa, degli esercenti, sono luoghi di appostamento per spacciatori da strada. Oppure sono gestiti direttamente da organizzazioni criminali e fungono, oltre che da supporto logistico, anche da attività di riciclo del denaro sporco.
In generale l’economia derivante dalle droghe si innerva nelle complicità dell’economia legale. E’ utile a questo proposito una lettura di un poderoso lavoro d’inchiesta realizzato a Roma dall’associazione Da Sud, “Roma tagliata male”, che racconta proprio questo processo d’innervamento.
La studentessa che destina una camera dell’appartamento o il garage per “magazzino” e in cambio ha l’affitto pagato, il commerciante che funge da vedetta per eventuali controlli, il pensionato che collabora nello smercio delle sostanze: sempre di più il commercio delle droghe esce dalla riserva dell’illegalità per intracciarsi con esistenze urbane sempre più complicate e stentate.
Questi intrecci che spesso riguardano esercizi commerciali perfettamente legali vanno recisi se si vuole fare una lotta alla spaccio profonda e radicale. Va da sè che l’ordinanza del sindaco di Padova a tutto è ispirata tranne che alla lotta allo spaccio. Più miseramente, e più meschinamente, si limita a prendere di mira un capro espiatorio – uno straniero che vende kebab -, operazione prediletta dai codardi e dai razzisti.