Il lavoro delle mafie

 “..Tutte queste cose le ho viste: sfruttamento degli operai, caporalato, mafia e ricatto dei lavoratori […]. Che cosa fare? …Ho sempre lavorato di nascosto, in silenzio facendomi amico il comandante dei carabinieri del paese. Girando tutti i giorni per i cantieri e convincendo quei lavoratori sfruttati a denunciare tutto e con i carabinieri gli abbiamo salvato anche il posto di lavoro, un posto di lavoro più vero e sano con tanto di permesso per andare a casa a rivedere i famigliari che da anni non vedevano” (Testimonianza di un sindacalista Cisl di Vicenza qui )

Leggiamo poi (sempre qui): “sono testimoni (i delegati Cisl ndr) di un cambiamento che sta generando un progressivo deterioramento del sistema produttivo: il disfacimento del rapporto fiduciario rischia di travalicare il mondo economico per invadere quello sociale, comunitario, degli enti e delle istituzioni”.

Angelo Pittarresi, legato a Cosa Nostra, arrivò in Veneto alla fine degli anni ’90. Avviò una grossa attività di intermediazione di manodopera fiutando la richiesta da parte di imprese, di manodopera ad intermittenza. Centinaia e centinaia gli operai che ha fornito alle industrie metalmecaniche del nordest, grandi e piccole (anche il gruppo Marcegaglia, per dire), senza tfr, senza, contributi, assicurazioni…

Il lavoro ha rappresentato, per la società veneta, uno strumento di identificazione, di affermazione sociale e di costruzione comunitaria, ma come segnala Daniele Marini: “diversi indicatori e fenomeni farebbero sostenere che quel modello ha esaurito la propria spinta propulsiva [..] cambia anche l’atteggiamento della popolazione nei confronti del lavoro. Dunque, cambia un fattore peculiare e centrale mediante il quale la società del Nord Est si è costruita”.

Un cambiamento culturale caratterizzato dall’esigenza di affrancarsi dalla responsabilità del lavoro e dell’intero ciclo produttivo. Da qui il ricorso all’esternalizzazione che ha una funzione di abbattimento sia dei costi che di tutti i tipi di rischi implicati, ad esempio, nella sottoscrizione di contratti a tempo indeterminato. L’esternalizzazione trasferisce su altri il rischio, ma a quel punto “non sono affari miei”, da questo elemento di deresponsabilizzazione emerge il fenomeno dell’intermediazione di manodopera che diviene un elemento centrale di novità nel mercato del lavoro.

Le mafie hanno una documentata propensione per la gestione del mercato del lavoro anche per la sue ripercussioni in termini di consenso nella società locale. «A Verona esiste un forte bisogno di manodopera – segnalava nel 2004 l’allora procuratore capo di Verona Guido Papalia ad un quotidiano locale – che viene soddisfatto da organizzazioni criminali. Esse creano imprese e cooperative che lavorano in subappalto o forniscono lavoro nero».

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