Dopo l’inchiesta Aemilia (vedi qui) che ha messo in luce l’esistenza di una rete ndranghetista nel veronese e dopo la richiesta da parete della Commissione parlamentare antimafia di istituire una commissione d’accesso per il comune di Verona (vedi qui), a Verona qualcosa si muove.
Lo ho spiegato Alfano in una riposta ad un’interpellanza di alcuni parlamentari del Pd: sono in corso accertamenti antimafia nei confronti delle società Nico.fer Srl, Soveco Spa e Gri.Ka costruzioni Srl; per la società Nico.fer Srl sono in corso accertamenti anche relativamente alla richiesta di iscrizione alla White list; per la Tranz Veicom Srl – sebbene sequestrata dal Tribunale di Reggio Calabria – è stato archiviato il procedimento antimafia in quanto la società è cessata; le società Veronatransport Srl e Italspeedy logistic Srl – anch’esse sequestrate – non hanno mai chiesto la certificazione antimafia e seppure presenti a Nogarole Rocca hanno trasferito la sede legale a Reggio Calabria. Per la Nico.fer c’è un interdittiva antimafia emessa dalla locale prefettura.
Non è un passo da poco: la Soveco è una vecchia conoscenza veronese (qui), ha visto aggiudicate le più grosse opere pubbliche. La Gri.Ka costruzioni ha avuto subappalti in tutte le più grandi opere in Veneto, soprattutto quando all’opera vi sono società autostradali. La famiglia Grisi di Zimelle controlla la Gri.Ka, che recentemente ha visto modificare il suo assetto societario (ma la famiglia non dovrebbe aver perso il controllo). Due dei tre fratelli sono rimasti uccisi a Crotone nel gennaio del 2011 ufficialmente per una lite per un vantato credito. Uno dei fratelli Grisi era stato candidato (non eletto) in una lista di appoggio all’ex sindaco Pdl di San Bonifacio, Antonio Casu. Al funerale dei due fratelli a Zimelle sono stati notati numerosi esponenti del clan Grande Aracri provenienti dalla Calabria e da Reggio Emilia.
Le altre società – Veronatransport Srl, Tranz Veicom Srl e Italspeedy logistic Srl – compaiono, e vengono sequestrate, in un inchiesta dell’ottobre 2014 della Guardia di Finanza di Reggio Calabria contro la cosca Pesce. Le società sequestrate sono ventitrè tra Calabria, Verona e Lombardia e tredici gli imprenditori accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, riciclaggio di proventi di illecita provenienza, trasferimento fraudolento di valori, contrabbando di gasolio e di merce contraffatta, frode fiscale e di omesso versamento delle ritenute previdenziali.
L’impressione fino ad adesso è che malgrado i numerosi segnali di una presenza e operatività ndranghetista nel veronese, sia mancata una decisa strategia come quella messa in opera dalle procure milanesi e bresciane. Quasi vi fosse un muro lungo il lago di Garda a separare le due realtà.
La situazione tra Verona e Lombardia è sicuramente diversa, non fosse per il fatto che la presenza ndranghetista veronese ha come origine la provincia di Crotone a differenza della Lombardia dove le origini prevalenti sono dalla provincia di Reggio Calabria. Un dato che potrebbe comportare una differenziazione nello stile organizzativo e nella modalità di rapportarsi alla “società legale”. Ma radicalmente diversa è stata, fino ad adesso, la risposta in termini di contrasto. Ora, forse, il muro sta cedendo.