Sona, il paese del Veronese dove la ‘ndrangheta è di casa

Il panorama è addolcito dalle colline che preannunciano il lago. Sona, cittadina di 17mila abitanti, a metà strada tra Verona e il lago di Garda, è teatro di storie e gesta della criminalità organizzata.

Qui, tra il dicembre del 2011 e l’aprile del 2012, si sono tenuti almeno tre incontri tra il gruppo ndranghetista emiliano- calabrese che faceva capo al boss Nicolino Grande Aracri e la famiglia Galasso – Larosa che, da quanto si legge nell’ordinanza della procura bolognese, gravita nel veronese.

SUMMIT IN DITTA. Ed in particolare gravita a Sona dove la TM Logistica – azienda specializzata nel noleggio di camion e bilici e sede dei summit ‘ndranghetisti – è intestata a Immacolata Larosa. Argomento degli incontri l’acquisizione di un terreno a Verona nelle mire del gruppo capeggiata da Grande Aracri, ma in cui devono essere coinvolti anche i referenti “veronesi” della cosca, i Galasso – Larosa, appunto.

Famiglia che, come altre, è arrivata in questa zone del veronese negli anni ’70, ha sfruttato il boom del traffico di eroina degli anni ’80, per poi rinvestire il ricavato nell’edilizia e nella logistica. Antonio Gualtieri, uomo di fiducia della famiglia Grande Aracri, ha parole di disprezzo per questa famiglia “veronese” sottolineando il fatto che sono solo dei sottoposti, dei “baluba” non avendo capito che “senza politica non si fa niente”.

VIA PIEMONTE 13. L’affare poi non andrà in porto anche per dissidi tra le due famiglie. Non molto distante dalla Tm – Logistica, nella zona direzionale e commerciale, ad un tiro di schioppo dall’esorbitante centro commerciale La Mela, in via Piemonte 13, troviamo quella che gli inquirenti definiscono il quartier generale della famiglia Giardino. Una pretenziosa palazzina di vetri ed acciaio ospita infatti una serie di società riconducibili alla famiglia, originaria di Isola Capo Rizzuto, stabilitasi nel veronese da una ventina d’anni.

Ultimamente la famiglia Giardino, in difficoltà per la crescente attenzione delle forze dell’ordine nei loro confronti, è stata raggiunta a Sona da rappresentanti della famiglia Nicoscia – dinastia di importante lignaggio ‘ndranghetista -, alleata ed imparentata con i Giardino. La densità di famiglie a vario titolo riconducibili all’universo ‘ndranghetista, in questa tranquilla cittadina di nemmeno 20 mila abitanti, salta all’occhio.

Tanto più che ad una manciata di chilometri da Sona, a Dossobuono, operava – fino al 2011 quando intervenne la divisione anticrimine dei carabinieri – una ditta di autotrasporti intestata a Rocco Aniello. La ditta di Dossobuono serviva da base logistica per un’organizzazione, attiva nella provincia veronese, definita dai carabinieri una “proiezione della cosca ndranghetista Anello – Fiumara” della provincia di Vibo Valentia.

LE INTERDITTIVE. Sempre nel 2011 vengono arrestati, e poi condannati per traffico di droga, tre personaggi che facevano riferimento alla cosca Piromalli – Molè di Gioia Tauro, residenti entro un raggio di 15 chilometri da Sona. Nel giugno di quest’anno un’impresa di trasporti di Sommacampagna, 5 chilometri da Sona, ha subito l’interdittiva antimafia da parte della Prefettura veronese. La Albi Service & Noleggi Srl, oltre alla Agl Group Srls di Nogarole Rocca poco distante, sarebbero infatti occultamente gestite dalla famiglia Franco legata alla cosca ‘ndranghestista «Pesce».

E’ un po’ tutta la fascia a sud ovest di Verona che viene a più riprese citata dagli investigatori come “zona calda” per la presenza di gruppi e famiglie di ‘ndrangheta. Ma non si tratta di una novità.

QUINTALI DI ESPLOSIVO. Nelle campagne tra Sona e Sommacampagna furono trovati “310 chili di esplosivo, nove timer, detonatori, contenitori per bombe, maschere antigas, acidi e materiale chimico per la confezione di ordigni”. Siamo nel dicembre del 1989 e dai giornali dell’epoca leggiamo che “secondo i carabinieri l’ esplosivo prodotto a Verona veniva usato al sud, specialmente in Sicilia e in Calabria, per gli attentati firmati dalla mafia e dalla ‘ ndrangheta”. Nella stesse campagne, pochi anni dopo, nel 1992, vennero uccisi gli agenti di polizia Ulderico Biondani e Vincenzo Bencivegna dal latitante calabrese Massimiliano Romano, ucciso a sua volta.

il Mattino di Padova 4 dicembre 2016

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