Coimpo: ora il processo per corruzione

Corruzione: questa l’ipotesi per cui sono stati rinviati a giudizio dal giudice per le indagini preliminari Raffaele Belvederi del Tribunale di Rovigo, il padovano Pagnin e il rodigino Mauro Luise. Entrambi dominus della Coimpo – l’ impianto di trattamento di fanghi protagonista della più grave tragedia legata al traffico e alla gestione criminale dei rifiuti nella nostra regione -, i due andranno a processo il 6 giugno assieme all’ex funzionario della Provincia di Rovigo Giuseppe Boniolo. Boniolo è anche imputato di omicidio colposo proprio in relazione alla morte di Nicolò Bellato, 28 anni, Paolo Valesella, 53 anni, Marco Berti, 47 anni, Giuseppe Baldan, 48 anni soffocati da nube di acido solfidrico e di anidride solforosa uscita dalla vasca D dell’impianto di Cà Emo, un pugno di case nella pianura nel territorio comunale di Adria.

Secondo l’accusa Giuseppe Boniolo risultava socio occulto, attraverso familiari, di due società attive nel settore ambientale, la Agrisol srl e la Sga srl a cui arrivavano in varie forme i finanziamenti – 700mila euro dal 1997 al 2013 – da parte dei vertici della Coimpo. In particolare la Sga, di cui era amministratore il cognato Marco Cavagnis, era incaricata dalla stessa Coimpo di effettuare il monitoraggio delle attività – attività di fatto non svolta – e veniva pagata in relazione alla quantità di rifiuti trattati. Un meccanismo simile – il pagamento a società di monitoraggio di cui il funzionario era socio occulto – a quanto accertato nei confronti del dirigente del settore ambiente della Regione Veneto Fabio Fior. Boniolo è accusato non solo di aver ammorbidito i controlli, ma pure di aver suggerito le strategie adeguate ad esempio per evitare la procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale per la ditta gemella della Coimpo, la Agribiofert sorta nel 2007. Inoltre Boniolo, secondo le tesi dell’accusa, si prodigò all’autorizzazione relativa alle emissioni in atmosfera ignorando “il fatto che vi potessero essere emissioni diffuse durante le fasi di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti e nella loro miscelazione con altre materie quali l’acido solforico”. Esattamente quello che accadde la maledetta mattina del 22 settembre 2014 nella famigerata vasca D dell’impianto.

Da quanto ricostruito dagli inquirenti già nel 2007 le condotte del Boniolo erano state oggetto di un informativa da parte del Corpo Forestale di Adria in cui “venivano ipotizzate a suo carico diverse violazioni per fatti attinenti il rilascio di autorizzazioni avvenuti anni addietro in favore di Coimpo”.

Un eventuale accertamento della dinamica corruttiva aprirebbe un piccolo squarcio sul grande mistero legato all’attività della Coimpo: come sia stato possibile che questo impianto, abbia potuto agire impunito per trent’anni, Coimpo nasce nel 1984. Eppure i segnali d’allarme non erano certo mancati: l’amministratore della società era stato già denunciato nel 2005, condannato nel 2009 per attività organizzative di traffico illecito di rifiuti, nonché denunciato ancora nel 2013 dai carabinieri del nucleo ecologico. Inoltre, prima dell’incidente del 22 settembre 2014 nei confronti della Coimpo. erano state depositate tre notizie di reato (dal 2007 al 2012) e in cinque controlli effettuati erano stati elevati 16 verbali amministrativi. Insomma un curriculum problematico che avrebbe potuto attirare l’attenzione di chi di dovere.

A differenza di Gianni Pagnin che si presenterà al processo, il collega Mauro Luise, da anni residente in Romania dove ha acquistato una grande tenuta agricola, si è reso irreperibile.

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