Alla fine quello che impressiona sono i numeri: sono stati 25 gli incendi che dal 2013 al 2017 hanno riguardato in Veneto imprese di trattamento o siti di stoccaggio rifiuti.
Alcuni tra questi, censiti alla fine del 2017 dalla commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, sarà stato causato da autocombustione – come pare sia accaduto alla Se.Fi ambiente di san Donà di Piave –, da incuria o da scarsa attenzione per le procedure di sicurezza, ma complessivamente i numeri impressionano.
Un fenomeno che riguarda tutto il Veneto e che ha avuto nel 2012 l’anno della svolta. Secondo una stima dell’allora Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente sulla base dei dati dei vigili del fuoco e dell’Arpav sugli «incendi di edifici a destinazione commerciale ed industriale di stoccaggio e trattamento rifiuti» negli anni tra il 2007 e il 2012 nel veronese, ad esempio, nel 2007 abbiamo cinque incendi, nel 2008 uno, nel 2009 tre, nel 2010 due, nel 2011 uno e nel 2012 ben sette. In quell’anno nel veneziano, nel giro di meno di un mese, è andata a fuoco un capannone della ditta Ideal Service di Mirano, contenente rifiuti non pericolosi da raccolta differenziata tra cui anche plastiche destinati al recupero e la Eco-Energy di Noventa di Piave.
Le fiamme dell’incendio evocano scenari inquietanti. Il linguaggio del fuoco è padroneggiato abilmente dai maestri della paura. Ma una spiegazione unica non c’è. A ribadirlo con nettezza è proprio la relazione della commissione parlamentare nel suo rapporto dedicato al fenomeno degli incendi. Tenuto presente questo dato è possibile però individuare alcune ipotesi che circolano con più insistenza negli ambienti investigativi. Un fenomeno, che potrebbe essere correlato agli incendi, è quello del sovraccarico presso gli impianti di stoccaggio di una quantità sempre maggiore di materiale derivante dalla raccolta differenziata che non trova un canale di utilizzo se non la discarica. La Cina, storicamente la grande importatrice soprattutto di materiale plastico, in questi ultimi mesi – l’annuncio è del luglio del 2017 – ha in gran parte chiuso i battenti all’importazione di materiale riciclato. Una conseguenza delle politiche ambientali avviate in quel paese che hanno messo però in ginocchio il sistema di gestione del riciclo del nostro paese. Il sovraccarico di materiale non gestibile può aver dato luogo ad incendi “tattici” che liberano spazio ed evitano spese di trattamento. Un altra ipotesi, più inquietante, è quella della “punizione” da parte di operatori spregiudicati nei confronti di impianti di trattamento o di stoccaggio che, nel rispetto delle normative, non accettano di sobbarcarsi determinate tipologie di rifiuti.
Da tenere presente un ulteriore elemento: in questi anni di crisi, anche nel veneziano, ci confermano i responsabili degli uffici della Città Metropolitana, assistiamo ad un susseguirsi veloce di passaggi di proprietà delle licenze nel trattamento dei rifiuti. Un segnale che potrebbe far presupporre un cambiamento degli equilibri consolidati con l’entrata in scena di nuovi attori abituati all’utilizzo di linguaggi e metodi non ortodossi.