Iniziata la parziale bonifica della C&C di Battaglia Terme. Una storia di veleni e di fabbriche che chiudono

Ieri mattina è iniziata la rimozione dei veleni stipati nella fabbrica C&C di Battaglia Terme – Pernumia. Il primo carico ha lasciato il cadente capannone per dirigersi verso uno stabilimento di Ravenna. Il programma prevede la bonifica di 2400 tonnellate di rifiuti pericolosi, circa il 5% del totale (52.000 tonnellate di rifiuti tossici).

Il tutto ha avuto inizio nel giugno 2004, quando una pattuglia della Polizia stradale, preventivamente allertata dal Corpo forestale dello Stato, “intercettava – si legge sempre nella memoria – un automezzo della ditta Matteazzi S.r.l. proveniente dall’impianto della C&C di Pernumia e diretto in località Arino del Comune di Dolo dove erano in corso lavori per la realizzazione della tratta Venezia-Padova della linea ferroviaria di alta capacità: il materiale trasportato, definito ‘Conglocem tipo R’ e viaggiante senza formulario, presentava caratteristiche visive tutt’altro che uniformi, assumendo le sembianze di un vero e proprio miscuglio di rifiuti, era polverulento, ed emanava un forte odore di ammoniaca”.

Le indagini rivelarono un esempio da manuale di traffico illecito di rifiuti pericolosi: il traffico faceva capo alla ditta C&C, che provvedeva ad utilizzare tonnellate di rifiuti tossici per l’impasto per i sottofondi stradali. L’inchiesta ha portato al sequestro, nel 2005, di diversi manufatti tra cui un cavalcavia a Padova e un tratto della linea dell’Alta velocità tra Padova e Venezia.

L’inizio della bonifica è comunque una buona notizia: non si esagera quando il sito della C&C viene definito una bomba ad orologeria. Il 13 ottobre 2014 un fortunale abbattutosi sulla bassa padovana l’ex fabbrica C&C ha subìto varie falle sulle pareti dell’edificio, lo sventramento del portone e il sollevamento parziale del tetto.

Come ha ricordato il settimanale Ecopolis “lo stabile si trova oltre che a pochissimi metri dalle case, a ridosso del canale Vicenzone la cui esondazione causerebbe  la dispersione dei detriti con il conseguente inquinamento di falde, fiumi e coltivazioni Venete: tutto il territorio veneto verrebbe quindi coinvolto. La struttura è sottoposta anche ad altri rischi, dall’incendio (già verificatosi)  al terremoto, all’alluvione; rischi non solo teorici più volte denunciati da comitati e associazioni che da anni si battono per trovare una soluzione che possa tutelare la salute dei cittadini e dell’ambiente”.

Bene che si proceda alla parziale bonifica. Male che la bonifica sia pagata con i soldi pubblici visto che i danni sono stati combinati da privati (comunque condannati).

I capannoni dove sono stipati i veleni ospitavano un tempo parte della lavorazione della Magrini Galileo, storica fabbrica elettromeccanica  che negli anni buoni ha impiegato fino a mille dipendenti nello stabilimento di Battaglia Terme – teatro di fortissime battaglie operaie -, finchè acquisizioni e fusioni non ne hanno determinato la fine.

Si tratta di un frutto velenoso (è il caso di dirlo) della deindustrializzazione. La ditta che acquisì i capannoni, si occupava del recupero di rifiuti speciali provenienti da industrie chimiche, siderurgiche e termoelettriche. Avrebbe dovuto depurare i materiali dagli elementi considerati dannosi e pericolosi per riutilizzarli come conglomerato cementizio nella costruzione di strade e altre infrastrutture. In realtà di depurazione se ne faceva ben poca.

A denunciare gli strani traffici della C&C i residenti nella zona compreso un ex dipendente in pensione della Magrini Galileo che quello stabilimento lo conosceva bene.

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