Un progetto non è altro che un’idea costretta all’interno di una cornice che ne definisce la fattibilità: risorse, tempi, norme.
La Variante Riccoboni era un progetto che conteneva un’idea semplice di città: lo sviluppo dev’essere quantitativo, quindi sinonimo di crescita, sia in termini di abitanti che di strutture. L’inedificato è uno spazio non compiuto a cui bisogna dare presto senso attraverso nuova edificazione. L’Amministrazione Pubblica si ritaglia il ruolo di mediatrice delle esigenze dei diversi poteri, non interponendosi al (dis)equilibrio delle forze in campo.
Il movimento che ha contribuito ad eleggere Zanonato rifiuta questa idea di città e quindi questo progetto. Ha rilanciato l’idea di uno sviluppo (e non di una crescita) in cui la tutela delle risorse ambientali e delle identità sociali urbane non siano variabili dipendenti degli equilibri in campo ma il quadro dentro cui definire il progetto.
La cosiddetta “Variante Mariani” (che tecnicamente variante non è) è un tentativo, non coraggioso, di calmierare la portata quantitativa della Variante Riccoboni: si cerca di rosicchiare qualche cosa, riducendo gli indici di edificabilità in termini non certo drastici. Ma l’idea, all’interno della cornice, non è chiara e quando emerge risulta troppo simile a quella che si è tentato di emendare.
La possibilità progettuale – e quindi, come dicevamo, la cornice che definisce la fattibilità: risorse, tempi, norme – avrebbe consentito a parere di molti (si veda in proposito l’ottimo lavoro di documentazione svolto da Legambiente che ha supplito, va detto, all’afasia dell’assessorato all’urbanistica) di osare di più: ridurre drasticamente gli indici edificabili, ampliare le aree destinate a verde, assecondando l’idea per cui occorre salvaguardare i cunei verdi (che la “Variante Mariani” non salvaguarda), aree che contribuiscono a definire l’impianto stellare di Padova. Questo vorrebbe dire fare delle aree inedificate elementi che concorrono ad identificare il disegno della città oltre che essere fattori insostituibili di qualità ambientale e sociale. E fare quindi dello strumento urbanistico il progetto che contiene un idea radicalmente diversa di sviluppo urbano.
Si è concretizzata la possibilità di sospendere la decisione sulla “Variante Mariani”, grazie ad una proroga regionale per queste fattispecie, e darsi quindi del tempo per approfondire la possibilità che all’interno della stessa cornice si potesse comporre un disegno differente, anche grazie all’apporto di un platea la più vasta possibile (cosa diversa e più incisiva dall’apportare modifiche a “variante” già approvata). Una possibilità – che il buon senso suggeriva di accogliere – rilanciata dai Verdi e Rifondazione viste anche le critiche mosse al progetto Mariani da un largo fronte di associazioni ambientaliste. Parte della maggioranza, le forze del triciclo, ha deciso che no, che il quadro così come è non andava ulteriormente discusso. Questa rigidità, per certi versi inspiegabile, si motiva solamente con la volontà di dimostrare la propria autosufficienza, la non indispensabilità di forze, come i Verdi e Rifondazione, ritenute estranee, eterodosse, disturbatrici.
I numeri per dimostrare questa forza indubbiamente vi sono: ma quello che manca – e che rende l’ostinazione a non darsi più tempo sordamente arrogante – è il disegno politico, che non è una esibizione di forza, che lo motivi. E la coscienza che per aprire una fase nuova in questa città nessuno, a livello sociale, economico e politico basta a se stesso.
E c’è una lettura per così dire plastica di quello che è successo, e di quello che verosimilmente accadrà: gli interventi che hanno affossato la richiesta di sospensione sono stati pronunciati da Sandro Faleschini, già assessore all’Urbanistica negli anni ’80, da Luigi Mariani già vice Sindaco nel 1995, e da Flavio Zanonato già Sindaco nel 1993.
Come dire che se in questa città vi è la necessità di aprire una fase nuova dello sviluppo, assumendo l’insostenibilità di quella precedente, i protagonisti attuali dovranno fare i conti … con se stessi. Non dubito che questo possa avvenire (miracoli della psicanalisi!) ma l’opposizione alla proroga, lungi da ridursi a fatto tecnico, è di fatto uno spartiacque: il triciclo ha deciso di misurare la propria forza e compattezza, ma vincendo ha usurato – presto, troppo presto – una certa empatia con quella parte non certo marginale della città che desidera e pratica il cambiamento.
Se la società civile padovana nutriva delle speranze sulla portata delle novità introdotte dalla nuova Giunta dovrà ridimensionare le sue attese.
E forse attrezzarsi a nuove e inedite battaglie.
2008 – il Mattino