A Venezia è il «prestito di fondamenta», il tradizionale usuraio pronto ad intervenire con poche centinaia di euro per famiglie che non raggiungono la fine del mese. Allo sportello contro l’eccessivo indebitamento gestito dalla Mag di Venezia hanno incontrato qualche vittima di questa pratica. «Le invitiamo a denunciare ma è difficile – racconta il responsabile dello sportello – percepiscono l’usuraio come una persona che comunque è stato disponibile e gli ha aiutati nel momento del bisogno».
In questo caso l’usuraio condivide la classe sociale, il quartiere, il luogo di ritrovo della vittima. Il capitale è spesso frutto di una piccola e accidentata carriera malavitosa: furti e rapine, innanzitutto.
Il «prestito di fondamenta» continua a riguardare un piccolo mondo, il resto ha a che fare con reti professioni, finanziarie pubblicizzate e infiltrazioni mafiose. «L’usura continua a crescere in una dimensione sommersa, benché i suoi attori siano, in qualche misura, personaggi pubblici – scrivono Lino Busà e Bianca La Rocca nel rapporto «L’Italia incravattata» del 2010 – conosciuti nel territorio e nella comunità degli affari». «Il rischio dell’usura si annida anche nella situazioni più comuni – avvertono alla veronese Fondazione Tovini – nei condomini, fuori dalle fabbriche, nelle comunità di migranti, sono i segnali di una trasformazione profonda, che ha visto venire meno molte reti di relazioni sociali, parentali e di vicinato, con l’aggiunta parallela di una larga fascia di ceto medio che è scivolata verso la povertà».
I metodi sono più sottili di quelli del veneziano «prestito di fondamenta», i prestiti di alcune società d’intermediazione finanziaria non sono mai di grossa entità e i tassi d’interesse iniziali abbastanza tollerabili, il meccanismo di usura o truffa scatta sul calcolo del tasso d’interesse che non è mai a scalare ma fisso, assommato all’obbligo di acquisto di un servizio aggiuntivo tanto oneroso, quanto inutile.
A Verona, secondo i dati dell’Ocse, l’indebitamento delle famiglie ha avuto un aumento percentuale dal 2002 ad oggi di circa il 95 per cento. A livello nazionale l’indebitamento finanziario complessivo delle famiglie ha superato il 60 per cento del reddito disponibile, con un aumento di quattro punti percentuali rispetto al 2008 e «oscilla intorno ai ventiduemila euro l’indebitamento medio di ciascuna famiglia italiana – scrivono Busà e La Rocca -, un trend negativo, purtroppo, in crescita, che è il segno più evidente di una profonda instabilità economica, cui è strettamente legato il rischio di incappare nel credito illegale».
«E’ una condizione di disagio vissuta sia con vergogna che con sfiducia e diffidenza. Qui non si ha a che fare con l’emarginazione o la devianza sociale – sottolineano alla Fondazione Tovini -, sono famiglie normali e persone dignitose che non hanno bisogno di aiuti sporadici, ma stabili».
Sull’onda di questi cambiamenti il fenomeno usuraio cresce, si diversifica e si diffonde in aree dove prima non riusciva ad attecchire, in territori ricchi ma carichi di contraddizioni e squilibri sociali colpendo i più diversi ceti sociali.
Gli squilibri della crisi non risparmiano la piccola e media impresa. «Ditte e imprese della zona hanno avuto committenze e appalti anche distanti, capita d’incappare in qualche fornitore che non paga più, in qualche inghippo burocratico, piccoli e grandi imprevisti che normalmente s’incontrano sul mercato – racconta Mirco Feston, sindaco di Zero Branco, piccolo ed industrioso comune del trevigiano -, nel tempo gli imprenditori si erano abituati ad investire nel patrimonio edilizio. Negli ultimi due e tre anni si cominciano a vedere negozi chiusi, case nuove invendute: sono spesso redditi da impresa «immobilizzati», costituiscono patrimonio ma non liquidità. C’è un problema di cassa e di liquidità, le aziende hanno bisogno di soldi per pagare le merci e i dipendenti».
Un fenomeno certificato dai numeri della Cgia di Mestre: «l’indebitamento complessivo delle imprese venete ammonta a quasi 100 miliardi di euro (precisamente 99,55). La realtà provinciale veneta più «scoperta» è Vicenza, con un importo medio per azienda pari a 262.242 euro. Seguono Treviso (245.572) e Verona (224.014). In termini percentuali, invece, l’aumento più sostenuto registrato nell’ultimo decennio spetta alla provincia di Venezia (+119,1 per cento): al secondo posto si colloca Verona (+116,7 per cento) ed al terzo posto Treviso (+108,2 per cento). A livello regionale, negli ultimi 10 anni la crescita dell’indebitamento è stata del 96,47 per cento». Mentre le banche investono nel sistema protetto delle infrastrutture e delle società autostradali, gli imprenditori si aggirano in ricerca di liquidità. E spesso incappano in brutti incontri.
Che nel mondo dell’usura abbiano fatto capolino le mafie non è una novità di questi mesi, nemmeno a nordest. «Recentemente nel Veneto e nelle zone costiere del Lago di Garda si è inserita l’usura legata alla criminalità organizzata – spiega Renzo Giacomelli presidente della Fondazione Tovini – che tende ad acquisire il patrimonio della persona o dell’azienda a cui presta soldi inizialmente anche a tassi concorrenziali con il credito legale, traendo un iniziale vantaggio dal solo riciclaggio di denaro illegale per poi aumentare le pretese fino ad acquisire l’intero patrimonio, vero obiettivo dell’operazione».
«L’usura continua ad affacciarsi sempre di più a fianco dei mafiosi – si legge nel rapporto del Cnel sull’infiltrazione mafiosa nell’economia del nord – anzi, l’attività usuraia appariva, sempre di più, addirittura ‘strumentale alla vita ed alla operatività di associazioni criminali di stampo mafioso». L’usura dai mafiosi non è vista solo come strumento per riciclare i soldi ma come mezzo di controllo per «la conquista silenziosa di pezzi dell’economia legale, la sostituzione di vecchi proprietari – imprenditori o commercianti – attraverso il prestito usuraio che è diventato il vero cavallo di Troia per conquistare le cittadelle economiche del nord».
Rosario Lo Nardo vanta un currriculum di tutto rispetto: trafficante di droga legato al clan siciliano di Fidanzati, confinato a Piazzola sul Brenta nell’alta padovana coltivò i legami tra la mafia siciliana e la mala del Brenta. A 69 anni, come è comune tra criminali a fine carriera, si dedica all’usura «ripulendo» così i soldi delle rapine. Viene arrestato nell’aprile del 2010, mentre nel novembre dello stesso anno finisce in carcere la figlia, il marito della figlia e il nipote: tutti coinvolti nei traffici architettati dal capofamiglia.
Più professionale l’attività della società padovana di recupero crediti Aspide, legata al clan dei casalesi e diretta da Mario Crisci, detto “il dottore”, che prestava denaro a tassi fino al 180 per cento. L’obiettivo era costringerle a cedere le proprie attività economiche. Verificate 61 episodi d usura aggravata e diciassette episodi di estorsione aggravata.
Tra gli arrestati Ivano Corradin, 48 anni, di Marostica, è ritenuto «il commercialista» dei casalesi. «Nell’ambito dell’associazione mafiosa – scrive il gip ordinando il suo arresto – è addetto all’individuazione e al procacciamento di debitori ed alla loro successiva gestione, ma opera anche come consulente finanziario del sodalizio in tema di operazioni bancarie e acquisizioni societarie dalle vittime».
Il classico «uomo-cerniera», individuato da Enzo Ciconte, in grado di gettare ponti tra il mondo del crimine e quello degli affari. Spesso meno lontani di quando si possa immaginare.
Ha conosciuto la «professionalità» della società Aspide un assicuratore di Bassano suicidato il gennaio di quest’anno, con il gas di scarico nel garage di casa indebitato di 80mila euro con la società di Crisci.
magggio 2011 – Carta