Antenne sociali per la tutela dell’ambiente

C’è una costante che riguarda praticamente tutte le inchieste giudiziarie riguardanti il traffico illecito di rifiuti in Veneto: i cittadini e le loro forme organizzate – comitati o associazioni – hanno avuto un ruolo di primo piano nono solo nella denuncia, ma anche nell’inchiesta vera e propria, raccogliendo autonomamente informazioni preziose poi utilizzate dagli organi inquirenti.

E’ successo nel caso dell’inchiesta sullo smaltimento di rifiuti nei cantieri della Valdastico sud la raccolta di molti elementi di prova è stata possibile grazie al lavoro di osservazione e denuncia del comitato degli abitanti. Quest’ultimo ha infatti prodotto esposti corredati da foto e da analisi di reperti raccolti da attivisti del comitato stesso ed effettuate presso un laboratorio privato.

Analoga vigilanza è stata messa in atto dagli abitanti di Battaglia Terme, residenti nelle vicinanze degli stabilimenti della C&C di proprietà di Fabrizio Cappelleto, l’epicentro di uno dei casi più eclatanti di traffico illecito di rifiuti nel Veneto. Malgrado gli accorgimenti messi in atto dal titolare della C&C per ostacolare la vigilanza sul traffico di camion in entrata e in uscita – anche con urla e minacce da parte dei dipendenti della ditta -, i cittadini sono riusciti a raccogliere materiale caduto da uno degli automezzi e farlo analizzare da un laboratorio privato, inviando gli esiti alla magistratura inquirente.

Più in generale si assistite nei nostri territori, da almeno un paio di decenni, a una mobilitazione puntiforme di comitati e associazioni per la difesa dei beni ambientali e contro progetti di infrastrutture e opere ad alto impatto ambientale. Mobilitazione che, in qualche modo, corrisponde a una vigilanza e un coinvolgimento di minoranze attive nei processi di cambiamento territoriale. Questo fenomeno è dovuto al fatto che i crimini ambientali avvengono al livello del suolo: gli scavi, il traffico di camion, l’odore dei rifiuti, sono tutti segnali percepibili al livello del terreno. Ma comunque è necessaria, perché la denuncia scatti, la presenza di persone in grado di “impicciarsi” degli affari comuni, di ragionare intorno a singoli eventi, fare ipotesi e mobilitarsi di conseguenza.

Una capacità di controllo territoriale che non è da dare per scontata, ma che esige reti di conoscenze, coraggio, voglia di intraprendere. Se “chiudere gli occhi è una mossa sociale”, come scrive il sociologo Stanley Cohen, analogamente tenerli bene aperti è una mossa di responsabilità sociale.

A questa presenza di antenne sociali del territorio non sempre corrisponde una sensibilità istituzionale adeguata: la Coimpo di Adria, per fare un esempio di una vicenda emersa di recente, ha continuato negli anni a sversare fanghi venefici sui terreni agricoli del Polesine (ed anche del padovano) grazie ad un solida rete di complicità fatta da funzionari, politici e responsabili di laboratori di analisi.

Eppure questa risorsa di cittadinanza attiva viene alle volte trascurata, se non scoraggiata e vilipesa.

Uscito su La Difesa del Popolo settembre 2018

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