Quasi due terzi della popolazione degli Stati Uniti è amministrata da sindaci o governatori che in questi giorni hanno rinnovato l’impegno a lavorare “con partner in tutto il nostro paese e all’estero per garantire che rispettiamo la nostra responsabilità di rimanere concentrati sul raggiungimento dei nostri obiettivi climatici”. Guardando bene non tutto è perduto. Certo questo è un tempo intriso di disperanza per chi è convinto che il compito primario della politica globale sia oggi quello di ricucire il nostro rapporto con il pianeta, a fare pace con gli ecosistemi di cui siamo parte e da cui dipende la nostra sopravvivenza. L’uscita degli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi sul clima sembrano autorizzare alla rassegnazione.
Ma proprio in questi giorni cupi i membri della coalizione “America is all in” che riunisce amministratori di città, stati, organizzazioni dei nativi, aziende, scuole e istituzioni religiose, sanitarie e culturali degli Stati Uniti, ha dichiarato: “non possiamo sottrarci al nostro obbligo di proteggere gli americani dai disastri traumatici che minacciano la nostra sicurezza, la nostra salute, le nostre vite e i nostri mezzi di sostentamento e la nostra prosperità economica”.
La presa di parola e di responsabilità della coalizione America is all in è un segnale importante. Non solo per le sue ricadute effettive: i singoli stati americani godono di una larga autonomia di azione anche in campo energetico e sono noti i casi di politiche sensate in California e nello stato di New York e il sito della Coalizione è una miniera di piccole e grandi pratiche di contrasto consapevole alla crisi climatica (e all’egoismo predatorio di chi la sta accelerando).
Ma anche sul piano simbolico e politico il protagonismo della coalizione America is all in indica la strada della responsabilizzazione dei governi locali e delle organizzazioni della società civile di fronte alla scelleratezza delle scelte politiche nazionali, in Usa come altrove (compreso il nostro, sia chiaro).
Non esiste sviluppo sostenibile senza una società sostenibile, dove ci sia spazio per un modo attivo di pensare e praticare la cittadinanza, dove i diritti e i doveri sono i due binari sui cui si esprime lo sforzo creativo rivolto al bene comune, dove ci si spazio per nuovi modelli cognitivi e comportamentali. Ed a livello il più possibile locale è possibile concentrare questi sforzi. Rifuggendo disperanza e catastrofismo, sapendo tuttavia che comunque attraverso mille piccole e grandi catastrofi dovremo passare.
Nel film di Woody Allen Io e Annie, il giovanissimo Alvy Singer ipnotizzato dalla scienza che annuncia la fine dell’universo in espansione si rifiuta di fare i compiti. Se il nostro destino è segnato, perché studiare? Alla madre la risposta: «Tu sei qui a Brooklyn. E Brooklyn non si sta espandendo!».
Vez news 24 gennaio 2025